GNOSIS
Rivista italiana
diintelligence
Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna
» ABBONAMENTI

» CONTATTI

» DIREZIONE

» AISI





» INDICE AUTORI

Italiano Tutte le lingue Cerca i titoli o i testi con
Per Aspera Ad Veritatem n.21
Sistema finanziario globalizzato e terrorismo internazionale

Marco SAVINA




Il convegno sulla "Intelligence nel XXI secolo", tenutosi a Priverno a metà febbraio 2001, è stato in assoluto il primo concreto eclatante tentativo, grazie alla capacità ed alla volontà degli organizzatori, di radunare sotto lo stesso tetto specialisti internazionali, istituzionali e privati di varie materie, ma tutti accomunati nell'appartenenza ad una piccola quanto singolare enclave globale, quella dell'intelligence. Mai occasione fu più propizia innanzitutto per spiegare cos'è veramente questa strana arte, etichettata anche da molti insospettabili come una fumosa miscellanea di singolari competenze comprese fra James Bond ed il poliziotto di quartiere.
Le relazioni internazionali tra Stati sovrani sono molto cambiate dalla caduta del muro di Berlino, identificando negli allora gioiosi movimenti giovanili di piazza la recondita, perversa soddisfazione di parecchi governi rispetto alla disgregazione dell'impero sovietico. Pochi ritennero invece fonte di preoccupazioni il fatto che non esistesse più una guida politica complessiva in condizione di gestire un pur faticoso equilibrio bipartisan del mondo, ma ancora di meno furono coloro che in tempi non sospetti predissero l'avvento di una nuova era di conflittualità e rischi non convenzionali, cui nessuno era addestrato a rispondere.
Il primo esempio pratico di questa nuova tendenza si manifestò in occasione dell'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. Piccole beghe di denaro divennero magicamente lo spunto per intraprendere quello che Henry Kissinger ha scritto essere la negazione totale della attività diplomatica tra le nazioni: "Tu hai qualcosa che mi appartiene e me la vengo a prendere". Desert Storm è diventato così il primo esempio di guerra non tradizionale, scientifico campo di battaglia per la sperimentazione di nuove armi, munizioni e sistemi tecnologici. Crisi dopo crisi, bellica od economica è la stessa cosa, si è passati a ridosso di fine secolo a ritenere che quanto accaduto negli ultimi dieci anni in termini di affanno generazionale sia stata di gran lunga la più dura lezione di storia, fatti salvi i crudeli eccessi di assolutismo in qualunque sua forma, che ha contrassegnato lo sviluppo di una nuova considerazione della globalizzazione, inconsciamente mutuata dalla dottrina di Monroe. Chi è dentro il sistema lo vive, chi ne è fuori lo subisce.
Il convegno di Priverno ha consentito la possibilità di esaminare quanto accaduto accogliendo le varie esperienze in termini di geopolitica, di geoeconomia e di intelligence. Autorevoli specialisti di varie nazioni hanno anche azzardato forecast, cioè proiezioni rispetto a quale mondo si sarebbe vissuto nei successivi dieci o quindici anni e per quanto, accadimenti di natura non codificata, avrebbero interagito con lo stretto potere economico, politico, militare e sociale che tiene uniti i paesi di prima e di seconda linea. Negli "a margine" di tre giornate di lavori dense di fitti e complessi ragionamenti, tra colleghi di paesi diversi si è detto spesso che parecchi degli scenari prodotti dalle nostre fertili capacità di individuazione e sintesi dei rischi mondiali, avrebbero potuto far ricchi e felici gli sceneggiatori di Hollywood. L'azione diretta di tante idee ha consentito la struttura di una fucina artigianale irripetibile.
Il G8 di Genova è stata la prima importante tappa di riferimento per tante teorie enunciate, ma mai ancora provate sul campo. Malgrado una povera vittima certamente non voluta, tanti accadimenti evitabili e le naturali polemiche successive, alla fine il vertice dal punto di vista degli specialisti è stato un successo, ritenendo di aver previsto molte delle casualità e di aver posto il giusto preventivo accento sui movimenti no global considerati, con ragione, sicuramente meno caserecci e prevedibili delle vecchie Brigate Rosse, della RAF, dell'IRA e di molte altre formazioni paramilitari e paraterroristiche di storica comprensione. Ma poi è arrivato l'11 settembre ed il mondo è letteralmente scoppiato.
In meno di quaranta minuti la nazione più potente della terra si è dovuta inginocchiare all'evidenza che nessuno è intoccabile, il sistema finanziario internazionale è quasi collassato e ci sono volute robuste iniezioni di denaro e di forte convincimento psicologico per farlo timidamente risorgere dall'infarto. Gli equilibri tra i popoli e tra le nazioni si sono in un battibaleno profondamente modificati, tanto che i sospettati e gli emarginati di ieri sono diventati gli amici di oggi. Ora, la tanto decantata enclave di quelli che dovrebbero sapere si sta interrogando angosciosamente sul seguito degli avvenimenti agli attentati militar terroristici contro l'America e se si sia veramente in grado di capire cosa è giusto fare e dove andare. Come sempre, dopo una notte di pioggia, molti nuovi saggi "esperti" e "professori" sono usciti allo scoperto, come i funghi.
Beati loro che hanno il dono della perfetta comprensione di cose e persone su qualsiasi argomento complesso. Personalmente sono pieno di dubbi, di incertezze ed anche di timori per il nuovo mondo globale che ha solo pochi anni di vita, è ancora molto fragile sulle gambe e debole rispetto alle risorse intellettuali necessarie alla piena capacità di soluzioni nei confronti dell'incognito.
Approfitto per alcuni "end of credits" cioè i ringraziamenti, che mi paiono doverosi. A Lucia Annunziata, direttore, e a Stefano Cingolani, condirettore della Ap.Biscom che, unici in Italia, hanno accettato l'ardita idea di pubblicare nella loro agenzia di stampa la rubrica "SMILEY", che si occupa di intelligence, geopolitica e geoeconomia, con la forza e la pazienza di supportarla anche nei momenti più complicati. All'amico e collega Alessandro Politi, impeccabile quanto irriverente strategist militare e geopolitico, con il quale ho l'onore di condividere la nascita e la crescita di questa creatura. A Rodolfo Visser che da ventitré anni, con dedizione quasi paterna, cerca di insegnarmi l'asimmetria e gli algoritmi concettuali che regolano il variegato mondo internazionale della economia e della finanza.
A Vincenzo Scotti, che insieme con Aldo Moro, rappresenta per me una qualità dell'insegnamento politico che purtroppo si sta dissipando. Ai molti conosciuti "officers" istituzionali della sicurezza italiana, che in particolar modo negli ultimi tempi ed in molti difficili momenti hanno dato ampia prova di non essere secondi a nessuno. Ai lettori di questa prestigiosa quanto selettiva rivista "Per Aspera ad Veritatem" suggerisco i miei personali tre comandamenti, utili anche in tempo di guerra. La continua ricerca del "meglio" è sempre il peggior nemico del "bene". Nel lungo periodo siamo, anche in forma naturale, tutti morti. Nella vita, non bisogna mai prendersi troppo sul serio. Di seguito alcune analisi e considerazioni sugli avvenimenti che hanno contraddistinto in forma temporale, questo, speriamo, irripetibile 2001.


In uno scenario così rarefatto quale quello dei conflitti non convenzionali che coinvolgono nazioni, economie e mercati a livello globale, spesso l'ignoranza di molti dei media coincide con la poca esperienza dei signori delle monete. I Governatori delle banche centrali in generale non hanno vissuto un solo day trade sul floor del NYSE piuttosto che in qualche altro Stock Exchange, e non hanno mai provato il brivido di effettuare una operazione di cambio per una qualunque banca commerciale. Eppure ancora oggi pensano di dover decidere i destini di milioni di imprese e di miliardi di consumatori. Ma purtroppo talvolta l'intangibilità dei fenomeni si trasforma nella reale crudele debolezza di chi certe volte non fa o fa male, perché non sa.
Negli ultimi anni ed in più di una occasione istituzionale il Governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan ha posto l'accento sui pericoli di destabilizzazione dei mercati da parte di considerevoli flussi finanziari di dubbia origine. Greenspan non ha mai fatto mistero di basarsi come punto di partenza per le proprie interpretazioni valutative sul principio per il quale ci si può difendere da ciò che si vede, nel senso che lo si può in qualche modo controllare, ma si è inermi rispetto a ciò che è nascosto.
Il monito più volte sottolineato anche ai competenti organi congressuali statunitensi fa riferimento ad una analisi che la Fed ha compiuto su attività finanziarie qualificate in divisa americana ed ammontanti a circa cinquecento miliardi di dollari, parcheggiate presso una serie interminabile di fondi offshore in paesi sovrani che certo non brillano per limpidezza, trasparenza ed ossequio ai regolamenti comunemente accettati sulle transazioni mobiliari internazionali. L'invito del Governatore agli organi politici era ed è quello di fornire un contributo utile a disinnescare una potenziale minaccia destabilizzante, le cui conseguenze potrebbero rivelarsi molto complicate da gestire.
Per altro lo stesso Segretario al Tesoro americano Paul O'Neill ha messo all'indice alcuni tra i più importanti istituti bancari del paese ipotizzandoli come conniventi non solo nel riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali, ma anche come parte attiva nell'utilizzo di una filiera di società che affonda la propria origine in numerosi paradisi fiscali, dall'area caraibica a quelle del medio ed estremo oriente.
È opportuno ricordare che esiste una profonda differenza tecnica tra la esuberanza irrazionale delle borse e gli "inbalances" che scaturiscono inevitabilmente dallo scontro tra economia reale e finanza virtuale. Infatti mentre forme distorsive e desuete dei mercati, positive o negative che siano, ma dovute a particolari valutazioni di impatto dei cicli economici o dei trends, possono essere corrette più o meno sapientemente dalle istituzioni di governo attraverso una serie di accorgimenti tecnici, i secondi accadimenti possono essere utilizzati come una vera e propria arma potente verso equilibri spesso molto delicati.
È inoltre opinione diffusa che i parametri di riferimento, nell'ambito della economia globale, stiano diventando una lettura anacronistica. I movimenti quotidiani riferiti a transazioni mobiliari, grazie anche ai nuovi sistemi di trasmissione via Internet, o satellitare a banda larga superano largamente il trilione di dollari al giorno. Risulta quindi singolare che banchieri centrali, analisti, e quanti altri proliferano nella comunità finanziaria in genere, ponderino e valutino con attenzione decimali di punto di Pil (che ad esempio per l'Italia rappresentano 2 o 3 mila miliardi di controvalore), piuttosto che di qualche altra cosa, quando gli scambi quotidiani nei soli mercati azionari, e sui primari e secondari dei titoli pubblici, per non parlare del trading Forex sulle divise, totalizzano numerari con ben altri zeri.
Le ondate di default economico che nel 1996, ‘97 e ‘98 colpirono duramente svariate aree del globo hanno provocato emergenze, ma mai nessuna che fosse incontrollabile, ossia guaribile con la più classica delle medicine. Pagare i costi pronta cassa e cercare di ristrutturare. Le cause che hanno prodotto queste distorsioni possono ricercarsi tra l'altro nella inettitudine dei governanti, nella fragilità dei sistemi economici paese, in interdipendenze troppo marcate, che dimostrano quindi come nessuna organizzazione sia infallibile e che una piccola crepa può trasformarsi rapidamente in una voragine se si utilizzano gli strumenti adatti. Ma tutto questo è il mercato, un sistema in continua evoluzione, in cui alle regole scritte o di uso comune si assommano le umane volontà, le vittorie, le sconfitte, paure ed avidità.
In ogni caso le crisi, anche se poi risolte, sono se non altro servite come spunto a far capire a più di un governo che la massa circolante di attività finanziarie è ben superiore alla ricchezza reale delle nazioni. E' una sorta di moto perpetuo che si autoalimenta e che può creare inopportuni disagi. Quali potrebbero essere le ripercussioni di un attacco non tradizionale portato da uno stato sovrano e finalizzato alla destabilizzazione politica ed economica dei propri avversari lo si è percepito alcuni anni fa, prima della attuazione operativa della moneta unica europea. Ed in questi casi potrebbero i servizi di intelligence dare un utile contributo di prevenzione ed analisi di queste conflittualità non convenzionali? Probabilmente sí, ma a tale proposito sono opportuni alcuni distinguo.
Intanto i servizi di sicurezza, civili o militari che siano, sono alle dipendenze dei governi e quindi agiscono su indicazioni e valutazioni politiche e non tecniche, e nella grande maggioranza dei casi sono entità riceventi ordini e non proponenti soluzioni. Inoltre, e con particolare riferimento all'area euro, alcuni di questi organi sono al servizio delle economie dei propri paesi, che hanno istituito veri ed efficienti "conference boards", raggruppando varie tipologie di professionalità con lo scopo apparente di creare una linea di difesa ad attacchi esterni più o meno virtuali, mentre in realtà cercano di fornire assistenza e valore aggiunto, talvolta con metodi poco ortodossi, al fine di favorire le mire espansionistiche delle proprie imprese e dei propri interessi.
In sintesi si ha la percezione che i Servizi possano comunque avere una qualche valenza operativa solo ed esclusivamente laddove ci sia la volontà politica in condizione di rispondere ad un'altra volontà politica contraria. Altrimenti appare piuttosto incerto il risultato di questi organismi dediti alla sicurezza degli stati nel valutare e prevenire fenomeni ordinari e straordinari, ma comunque tipici dei mercati finanziari. Ovvero ciò potrebbe essere compiuto attraverso una profonda ed accurata ristrutturazione delle mentalità acquisite, delle procedure e dei sistemi tecnologici, nonché degli obiettivi e dei metodi a monte che li caratterizzano. L'osservanza di questi elementari requisiti, senza voler approfondire altre e più sofisticate capacità di conoscenza ed expertise, pone la maggior parte di queste agenzie governative fuori gioco.
Sono pochissime quelle nazioni in cui la volontà politica ha consentito all'intelligence di investire e produrre R & D, ricerca e sviluppo culturale e tecnologico. Può essere interessante capirne l'architettura originaria, gli obiettivi di utilizzo e le applicazioni nel campo economico e finanziario.
Dalla sua nascita Internet si è sviluppata su una base metodologica tipicamente militare, e non è una novità che i servizi di informazione americani non siano usi cedere al pubblico utilizzo qualcosa che non controllano perfettamente, tanto è vero che i maggiori clienti di informatica del mondo sono proprio le varie agenzie USA che si occupano di difesa e sicurezza, ed in parte anche quel che si è rigenerato delle analoghe strutture della ex Unione Sovietica, tipo l'FSB.
I Browser, ms explorer, netscape ed altri erano gratuiti fin da prima che fosse possibile l'inserimento di spazi pubblicitari, ovvero della disponibilità mercantile di Internet. Chi li ha sovvenzionati? Come mai dalla decisione del Presidente Clinton di consentire l'utilizzo al pubblico della nuova chiave elettronica a 128 K alla sua effettiva commercializzazione sono passati oltre sei mesi? Chi e quanti sono gli ISP, Internet Service Providers di primo livello, e perché coloro che ancora non fanno parte di questa élite tengono tanto a diventarlo, come ad esempio la italiana Tiscali? Che differenza c'è tra un fax ed una email?
E' fuor di dubbio che alcune agenzie federali nordamericane hanno coordinato con i maggiori produttori di software, Microsoft in testa, la programmazione dei Browser. Aspetto che gli consente di vedere tutto, sia la posta, sia le pagine web frequentate da ogni singolo pc, in quanto la rivoluzione digitale riduce di uno o più ordini di grandezza lo spazio di storage. E ancora, un fax è una fotografia e consuma parecchi bytes, una email ne utilizza 1/100 e paradossalmente più si sviluppa e meno costa controllare ed archiviare tutto. Una lettera vecchio stile si doveva intercettare, aprire, leggere, richiudere e consegnare con un insostenibile spreco di tempo e uomini. Una email arriva fumante ed appetitosa direttamente nel piatto, si guarda quando si ha tempo, si raggruppa, si reimpasta, si cucina. Inoltre le transazioni di beni immateriali, ed ora con il B2B e B2C anche di quelle materiali, non sono altro che delle email, anzi maggiore è la generazione di on line purchases and sales più si perfeziona la fotografia dei flussi.
Su questa evidenza si può cercare di produrre un test case sull'analisi dei movimenti finanziari, cominciando dal binomio materiale/paese. E' possibile acquistare uranio di contrabbando, per esempio dalla Russia, senza che nessuno lo venga a sapere, ma non si possono comprare con lo stesso sistema le barre di berillio utilizzate come freni inibitori per le reazioni di fissione nucleare. Se è vero che esistono chip riprogrammabili ossia flashabili, questo non significa che non sia più conveniente comprare quelli pronti per l'uso, basta saperne il nome o il codice. Conoscere questi elementi identificativi può consentire ad esempio la rilevazione dei grossi movimenti di stoccaggio di materiale elettronico utilizzato per le stazioni di puntamento missilistico.
Ma a parte tutto, l'osservazione delle variazioni dei flussi finanziari in uscita da un paese fornisce anche altre indicazioni assai precise e preziose. Nel passato, l'incremento della produzione del ferro e del carbone, o l'accumulo di commodities strategiche era sicuro indice di riarmo, ora il discorso è più complesso ma, proprio per questo più visibile. Il puzzle con maggior numero di tessere offre un risultato più certo. Un simile raffronto può essere utilizzato anche per dare visibilità, comprensione e contromisure a tutti quei fenomeni non politici, ma che sono tipici sviluppi di obiettivi interessati da organizzazioni criminali. Una applicazione specifica riguarda l'analisi del sistema dei cambi.
Questo evidenzia due direzioni, quella dell'effettivo scambiato e quella del proposto. In sintesi, una operazione sulle divise spot è sempre a 48 ore, si deposita quella acquistata, che quindi è a tasso positivo e si prende in prestito la divisa venduta a tasso negativo, aggiustando il prezzo per valuta differita, ossia una transazione eseguita in una certa data, da regolarsi in forma diversa anche per il tramite di operazioni di segno opposto. Annullare le chiusure, cioè proprio le operazioni di segno opposto è come eliminare il rumore di fondo, rimane il flusso netto.
È sufficiente mettere le bandierine sul mappamondo ed ecco comparire uno schema dove le portaerei rappresentano i dollari e le altre valute più o meno nobili il resto della flotta. Giova ricordare che a parte la Svizzera, dove qualunque tipo di moneta è ben accetta, le divise non si muovono dal paese che le stampa, perché le banche centrali si spediscono reciprocamente le banconote in eccesso o in difetto e quindi è possibile misurare le variazioni dei depositi di conto bi o multi laterale tra banche commerciali di due paesi sotto osservazione. Al netto di eventuali movimentazioni dovute a bilancia turistica, si ottengono grosso modo i profitti delle organizzazioni criminali, e le variazioni di flusso indicano anche quale paese od aerea sia di maggior interesse per il loro business.
In conclusione, da questo generale scenario di situazioni si potrebbero prendere in esame ulteriori aspetti di carattere tecnico e strategico, ma anche, nell'ambito di un sistema oramai completamente globalizzato, di valore geopolitico e geoeconomico. Questo presupporrebbe però la volontà da parte di alcuni governi, in particolar modo europei, di dimensionare i propri servizi di intelligence all'altezza di quelli più forti, utilizzando cioè lo stesso metodo usato da altri nella gestione delle crisi. Pagare i costi pronta cassa, ristrutturare e reinvestire. Non va dimenticato che nel 2002, tutti i paesi del Vecchio Continente aderenti al patto di stabilità avranno in uso comune corrente una unica divisa, che faciliterà parecchi aspetti economici, ma altri ne complicherà. Potrebbe essere stimolante una valutazione politica, una volta tanto lungimirante, atta ad istituire un sistema comune di analisi e controllo. Ma per l'appunto, all'altezza.


Nella questione dello scudo spaziale voluto da Bush ci sono due versanti ugualmente decisivi, quello economico e quello politico strategico. Il tentativo dell'amministrazione americana è innanzitutto quello di far capire a tutti gli interessati acquirenti, che lo scudo spaziale è il salto di qualità che differenzia il trattato ABM, cioè il passaggio non traumatico di un sistema di armamenti da offensivi a difensivi, oltre che un potenziale effetto moltiplicatore per un settore che sta risentendo più di altri del rallentamento mondiale dell'economia, quello delle tecnologie applicate.
Il teorema proposto da Bush jr. E' keynesiano-conservatore. Opere pubbliche, ma di difesa. E ci sono molti motivi a supporto del progetto tra cui la lenta ma costante islamizzazione religiosa di nuovi territori che inevitabilmente è traino di movimenti fondamentalisti e terroristi, di cui Bin Laden è una delle armi di più efficace convincimento psicologico per la presidenza americana. Vale la pena ricordare le parole di George Bush senior per il lancio della operazione Desert Storm. Affermò che le moschee sono dappertutto, ma il greggio è "our oil", il nostro petrolio e su questo punto tutto si decide nel magico triangolo composto dalle città di Houston, Beaumont e Corpus Christi, tutte ovviamente in Texas. "We need to defend our oil", dobbiamo difendere il nostro petrolio, che poi fosse kuwaitiano era del tutto irrilevante.
Nel mercato di borsa americano l'indice settoriale mg611 (aereo spazio difesa diversified) dello Standard & Poor's 500 non ha avuto nella media degli ultimi dodici mesi incrementi rilevanti, e per le cinque grandi corporations che sono le più importanti appaltatrici del Pentagono, e cioè Boeing, General Dynamics, Lockeed Martin, Northrop Grumman e Raytheon l'andamento dei prezzi, sempre nell'ultimo anno, si è mantenuto in linea con l'indice, tranne che per la Boeing che ha sotto performato probabilmente a causa della pesante crisi dei vettori commerciali, mentre General Dynamics e Lockeed Martin hanno significativamente migliorato le proprie quotazioni nell'ultimo semestre.
Alcuni maliziosi analisti affermano che buona parte dei meriti di queste performance vanno all'ex generale Colin Powell attuale Segretario di Stato americano, che nella audizione al Senato per la conferma della nomina, dovette rendere noto il contenuto del proprio portafoglio azionario, nel quale questi titoli erano cospicuamente presenti, e al Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld che curiosamente, malgrado ogni cambio di amministrazione a Washington preveda un totale spoiling system, ha confermato Andrew Marshall come potente capo del Office of Net Assesment del Pentagono, ossia la struttura che da anni si occupa di NMD e dei rapporti operativi con gli appaltatori che dovranno realizzarlo.
Questo scenario porta comunque ad una considerazione. La volontà finale del governo americano è quella di riportare impulso e spinta di commesse a molte aziende pesantemente penalizzate dal crollo dei propri titoli e poi dare respiro a milioni di investitori che da ricchi sono diventati poveri. Il Nasdaq è il listino che comprende la maggior parte delle imprese che hanno contribuito agli ultimi dieci anni di innovazione tecnologica degli Stati Uniti. E' tutto sommato un atto dovuto. Sperando che tutti lo capiscano.
Non meno importante il versante politico-strategico. Nessuno può dimenticare la storica visita in Cina nel 1972 del capo della Casa Bianca. In quell'occasione Richard Nixon vaticinò che le relazioni internazionali si sarebbero imperniate intorno a cinque grandi potenze, Stati Uniti, Unione Sovietica, Europa Occidentale, Cina e Giappone. Allora l'equilibrio si basava su equazioni politico militari, ma in modo tortuoso e con qualche variante, a distanza di anni questa ipotesi non si è rivelata del tutto esatta. Perché gli Stati Uniti hanno per primi capito che chi avesse avuto una economia forte avrebbe di conseguenza ottenuto le risorse da investire nella ricerca scientifica e high tech sviluppando una dotazione di armamenti più avanzati.
Perfetto è l'esempio che coinvolse nel 1983 Ronald Reagan nella competizione contro l'Unione Sovietica di Leonid Breznev per la costruzione dello scudo spaziale. Il Cremlino fece due conti e capì che il paese non avrebbe retto allo sforzo a causa di una economia ed un sistema politico obsoleto. Così due anni dopo Michail Gorbaciov trovò lo spunto per demolirlo.
Anche oggi gli Stati Uniti, rafforzati da un decennio di formidabile espansione e prosperità, se pur in un momento congiunturale non propriamente felice, lanciano una sfida. Il nuovo sistema nazionale di difesa pensato sotto Bill Clinton è il lascito impegnativo e vincolante che l'amministrazione democratica ha passato a quella repubblicana. Consentirà di aumentare in maniera sproporzionata il vantaggio militare americano su tutto il resto del mondo. L'Europa come sempre tentenna, divisa tra il desiderio di condividere suggestive potenzialità di business ed il timore che una faticosa emancipazione conquistata in cinquant'anni e culminata con la nascita dell'Unione e della moneta unica, possa mettere la marcia indietro e riportare le lancette dell'orologio a momenti politicamente poco praticabili e non più sostenibili.
La Russia di Vladimir Putin ha testato proprio in questi giorni l'iniziale tracciato della nuova mappa di rapporti bilaterali con gli USA in occasione della visita a Mosca a fine luglio della delegazione americana composta dal Consigliere alla Sicurezza Nazionale Condoleeza Rice e dai Segretari al Tesoro ed al Commercio Paul O'Neill e Donald Evans. Gli argomenti discussi prima, durante e dopo il G8 di Genova vanno dal trattato di difesa missilistica (ABM) del 1972 che gli americani vorrebbero superare con il nuovo NMD (scudo stellare), al tentativo da parte russa di denunciare unilateralmente lo Start-1 per riprendere lo sviluppo delle armi strategico nucleari, oltre alla definizione ed alla identificazione comune di "rogue countries", gli stati canaglia, e le contrastanti valutazioni delle aree di crisi regionali. La Russia punta i piedi, forte anche delle sue circa mille testate nucleari in magazzino, ma il dialogo è aperto e per il Presidente Putin la speranza è che porti anche frutti concreti spendibili politicamente ed economicamente.
Ma in questo rapporto c'è un terzo incomodo. La Cina, con forte volontà di espansione economica, si sente beffata, malgrado la recente firma del trattato di amicizia e collaborazione con la Russia. Così Pechino si deve inventare modi e maniere per denunciare la volontà di Washington di impedirle la conquista di posizioni di prestigio cui crede di aver diritto e non solo nell'area diretta di interesse Asia-Pacifico.
Con una preoccupazione in più a ridosso della visita di stato che il Presidente Bush jr. compirà in autunno nel paese. Se la sfida di Reagan consentì la dissoluzione del comunismo in Unione Sovietica, non potrà accadere altrettanto al regime cinese minacciato dal capo della Casa Bianca? Il ramoscello d'ulivo rappresentato dall'accettazione della Cina come membro permanente del WTO potrebbe trasformarsi in una pillola avvelenata, qualora non le si consentisse oltre ad una consistente possibilità di miglioramento economico anche un'adeguata autorevolezza militare, ricolmando un gap tecnologico di almeno dieci anni nei confronti delle nazioni più forti.


Il Beige book, rapporto periodico preparato ma non elaborato dalla Fed di San Francisco e reso pubblico due giorni fa è basato su una serie di informazioni ricevute entro il 30 di luglio scorso e riassume i commenti forniti dal mondo delle imprese e da altri primari contatti negli ambienti finanziari ed industriali. I punti focali che questa relazione ha evidenziato riguardano la stretta creditizia in atto sia per quanto inerente le domande di finanziamenti al sistema bancario, che l'irrigidimento dei criteri standard di erogazione, e l'estensione della perdita di posti di lavoro dal settore manifatturiero a tutti gli altri segmenti del complesso produttivo americano.
Ne deriva che alla riduzione dei tassi non corrisponde una maggior facilità di credito, e malgrado l'abbondante liquidità circolante questa non risulta essere disponibile. Il deteriorarsi delle condizioni generali spinge gli istituti bancari a fornire l'ombrello solo quando c'è il sole. Le classiche teorie economiche collocano l'effetto derivante dalle manovre di politica monetaria generalmente a sei o nove mesi dalla data di effettuazione, ma quello che sta accadendo negli Stati Uniti dimostra una poderosa quanto dirompente dilatazione dei tempi, perché in questo momento si sta avvertendo il risultato degli aumenti dei tassi della primavera del 2000, e con gli stessi parametri il mercato risponderà alle riduzioni correnti nella seconda metà del 2002.
Su questo sbilanciamento nasce l'anomalia. L'allora stretta monetaria non si basò sui fatti concreti disponibili, ma su una oscura teoria, quella delle "curve di Philips" per la quale la riduzione sotto al 4% del bacino dei disoccupati genera inflazione a causa della tendenza delle imprese a battere il mercato del lavoro a prezzi d'asta pur di accaparrarsi personale specializzato. L'errore, come ammesso dal Presidente della Fed Alan Greenspan durante le audizioni parlamentari di dicembre 2000 e gennaio 2001, è stato causato dal manifestarsi di nuovi paradigmi per i quali non c'erano strumenti di misura adeguati o pregresse esperienze a cui ispirarsi. I temuti numeri derivanti dall'analisi delle "curve di Philips" semplicemente non erano presenti e malgrado il compito di una banca centrale non sia quello di prevenire ma di reagire tempestivamente inviando chiari segnali, Greenspan ha somministrato massicce dosi di antibiotici pensando di dover curare un male grave. Il risultato è stato quello di deprimere pericolosamente le difese immunologiche del sistema produttivo americano che di conseguenza oggi subisce tutte le malattie esistenti.
La macroeconomia non è una scienza esatta e come di fatto è successo può anche lanciare allarmi su congiunture che non esistono. In un sistema "just on time" Greenspan ha voluto agire "ahead of time", aggiustando cioè preventivamente crisi che non c'erano. Non ha valutato adeguatamente una serie di cambiamenti storici e cioè la natura dell'incremento strutturale della produttività, il nuovo contratto sociale e l'intrinseca immaturità della new economy. Non ha parlato con i protagonisti di questa new economy, da Bill Gates di Microsoft a John Chambers di Cisco, ed il risultato di tutte queste omissioni è stato un massacro indiscriminato e non lo sperato intervento chirurgico mirato, caratteristico della Fed degli ultimi anni.
Analizzando più in dettaglio, la rivoluzione dei pc on line in sostituzione dei terminali "stupidi" legati a mainframe ha dato i mezzi alla forza lavoro per estrinsecare una concretissima immaginazione poggiata su anni di esperienze di settore. A sua volta questa ha scatenato la domanda per mille e mille servizi aggiuntivi. Di fatto l'incremento di paga è stato costantemente ridicolizzato dall'aumento di produttività e gli esuberi conseguenti, ossia meno persone per unità di prodotto, hanno avuto immediata ricollocazione nel settore dei servizi. Il momento spirituale è stato del tutto simile al Rinascimento, una bottega competitiva per tentare una nuova via imprenditoriale. Una iniziativa di successo ne ha immediatamente sviluppate altre simili, ed è stato questo fenomeno e non la Fed a controllare la stabilità dei prezzi.
Il lavoratore specializzato, giustamente entusiasta del clima imprenditoriale, ha accettato ben volentieri paghe basse in cambio di stock options. Questo è il nuovo patto sociale, bassi costi fissi e partecipazione alle fortune della società. Quando queste fortune vengono distrutte dall'intervento della banca centrale il patto salta e viene rinegoziato. Aumenta il salario cioè il costo fisso, il tutto a scapito della produttività. È opportuno ricordare che è stata la buona sorte delle stock options e non la Fed a pagare il boom delle costruzioni monofamiliari.
Come in tutti gli Eldoradi, alcuni fanno fortuna, molti sopravvivono e molti muoiono. Nel mare magnum della miriade di nuovi nati della new economy, Greenspan, curve o non di Philips, doveva a tutti i costi lasciare che il tempo producesse un po' di selezione naturale. Il mercato da solo avrebbe provveduto a fare gli esami di maturità per verificare quali e quante imprese avessero le condizioni per continuare a fornire ricerca ed innovazione tecnologica, che sono stati i requisiti alla base del poderoso slancio di quasi dieci anni di prosperità del mercato americano, i cui riflessi positivi si sono percepiti anche a livello globale. Aveva ragione Robert Rubin per molti anni geniale Ministro del Tesoro dell'amministrazione Clinton, con una ventennale esperienza di banchiere a Goldman Sachs, quando affermava che tutto il mondo voleva entrare nella new economy perché questa rappresentava una epocale ed inarrestabile rivoluzione industriale e di mentalità imprenditoriale, da sempre fondamento del sogno americano.
La rivoluzione informatica è ancora il motore primo degli immancabili futuri progressi del processo di globalizzazione e non appena i relatori del Beige book, cioè i protagonisti del tessuto industriale e finanziario, rileveranno un miglioramento del consumer sentiment, potranno ripartire tempestivamente e a grande velocità proprio grazie alle strutture tecnologiche su cui tutti poggiano. Sempreché i tempi di convalescenza dalle malattie indotte dalla Fed non siano più lunghi di ulteriori sei, otto mesi. E' opinione comune che questo Beige book solleciti Greespan, se mai ce ne fosse bisogno, a somministrare un altro taglio dei tassi, per arrivare magari al numero magico finale del 3%. Se a questa soglia l'economia americana ancora non fornisse segnali di reazione, significherà che le manovre monetarie sono state un fallimento, perché al sentiment è necessario aggiungere anche la confidence, come insegna la recente stagnazione del Giappone.


La campana prima o poi suona sempre nei mercati finanziari. Questo sembra essere il momento buono. Il Fondo Monetario Internazionale lancia un forte avviso di burrasca, un strong gale sul dollaro. I motivi sono il persistere di un inquietante deficit nella bilancia dei conti correnti del governo americano nonché un atteggiamento ambiguo dell'attuale amministrazione repubblicana ed un lieve imbarazzo della medesima nei confronti del capo della Fed, non potendo dimenticare che questi fece perdere le elezioni al papà dell'attuale Presidente quando, dopo la guerra del Golfo, vincerle sarebbe stata una passeggiata.
Anche la Banca Centrale giapponese rilascia comunicati preoccupanti su un ipotetico assalto al dollaro che potrebbe favorire la tanto attesa ma non richiesta ripresa dello yen. Al momento si è ancora nelle dimensioni di un rimbalzo tecnico. Per la prima volta dalla nascita, il cambio euro/dollaro riparte da due minimi crescenti, 0.8270 dell'ottobre 2000 e 0.8350 di luglio 2001, e per gli analisti questo è terreno fertile perché si scateni la speculazione.
Ma dall'altra parte, gli stessi araldi della favola dell'euro e dello yen sottovalutati sono i primi a tacere impauriti. La spiegazione dell'IMF è insoddisfacente anche per i non addetti ai lavori. La sola definizione di valore aggiunto applicabile in questi casi generalmente prevede che la bilancia dei conti correnti sia passiva nei paesi industrializzati o di trasformazione ed attiva nei paesi produttori di materie prime grezze. Sarebbe come considerare negativamente il debito obbligazionario a lungo termine di una grossa e sana impresa.
I mercati, e quello dei cambi in particolare, non stanno mai fermi e provano in continuazione ad assaggiare ed a stuzzicare le proprie controparti finanziarie. Quando si compra qualcosa e questa non va su, allora si prova a mandarla giù utilizzando una serie di approssimazioni successive al mood, cioè all'umore del momento. La via cambistica alla prosperità, geniale intuizione promulgata ed attuata da Robert Rubin è svanita con lui.
L'ex Ministro del Tesoro americano aveva mutuato la teoria dell'A-bate Galliano che fin dal ‘700 sosteneva che la gente tesaurizza le monete buone e cerca di comprare pagando con quelle cattive. Così pensando e facendo Rubin è stato il più formidabile fuochista del rialzo dei mercati mondiali. Le crisi del '97 in Estremo Oriente, nel '98 in Russia e nel ‘99 in parte del Sud America hanno confermato che il denaro buono serve a sistemare con velocità quello che il denaro cattivo non riesce a pagare.
Il Presidente della Fed Alan Greenspan, abbandonato a se stesso da quando Rubin è rientrato a fare il suo mestiere di banchiere, è tornato ad essere un ragioniere incapace di capire e somministrare terapie d'urto anche quando necessarie. Il capitale mondiale ha investito massicciamente in dollari perché le prospettive di ROE, il return on equity erano maggiori in USA che su qualunque mercato domestico e la componente di confidence, cioè di fiducia era basata anche sulla capacità dei singoli individui di dialogare con competenza di concerto con gli investitori.
Ma una dissennata sequenza di rialzi dei tassi in America, applicata per un tempo troppo lungo ha sostanzialmente distrutto le prospettive di tale redditività e di tale fiducia. Malgrado la Banca Centrale abbia cercato affannosamente durante questo scorcio del 2001 di rimediare con improvvisi tagli del costo del denaro purtroppo è questo il punto rimasto dolente per un futuro preoccupante. Il termine bolla speculativa va eliminato per la sua intrinseca insipienza. L'attuale periodo congiunturale del sistema finanziario globale affonda le proprie motivazioni nella mancanza di una rotazione efficace da settori old e new economy che hanno raggiunto i target previsti rispetto a quelli che invece iniziano il loro percorso di valorizzazione.
Né Giappone né Eurolandia sono pronti a prendere il testimone per la staffetta della ripresa economica. Può anche essere che questa volta il rilancio mondiale sia guidato da qualcun altro e non al solito dagli Stati Uniti da cui piaccia o no tutti i paesi economicamente dipendono, e questa ipotesi giustifica la ritirata strategica dell'immensa liquidità disponibile che non si fida e rimane parcheggiata sotto la mattonella in attesa di capire se gli scenari futuri non prevedano tra l'altro anche la possibilità di una tragica rotta tipo Caporetto.
Se così fosse ed il mercato dovesse togliere il tappeto da sotto i piedi della economia statunitense già in difficoltà, la contrazione sfocerà in sicura recessione. I capi delle potenti corporations americane non avranno altra scelta che posporre gli investimenti sperando in tempi migliori. Ma è ovvio che se svaniscono gli investitori gli investimenti si tramutano in disinvestimenti.
Sarà importante verificare il comportamento di Paul O'Neill, Ministro del Tesoro USA che avendo per molti anni diretto la Alcoa una compagnia, produttrice di alluminio, cioè di metallo base, tenderà istintivamente a favorire un dollaro più basso. Background molto diverso dal senso strategico di Rubin che come senior partner di Goldman Sachs aveva un rapporto professionalmente complice con il mercato.
L'auspicio è che si miri ad evitare un brusco rimpatrio dei capitali nei paesi di origine. Di fatto se ciò dovesse accadere, la via di fuga e quindi di salvezza si presenterebbe molto stretta. In caso di tempesta reale solo i primissimi della classe se la potrebbero cavare senza danni. Per tutti gli altri sarebbe un massacro. Una ulteriore perdita per i piccoli investitori che come sempre non sanno ma spesso si fidano di quelli che dovrebbero sapere. In tal senso la previsione dell'IMF è incoraggiante, perché raramente le loro opinioni si verificano.


Un attacco militare ancorché terroristico ha duramente ferito l'orgoglio americano. In particolare, la distruzione delle Twin Towers, il World Trade Center simbolo del distretto degli affari di Manhattan ha profondamente colpito la struttura del sistema finanziario mondiale. Quanto accaduto è doppiamente velenoso perché la guerra è stata dichiarata in un momento particolare in cui le economie dei maggiori paesi industriali sono tecnicamente in stagnazione se non addirittura in recessione. In altre parole una situazione in cui anche una singola buccia di banana può causare danni difficili da riparare.
Paradossalmente, il riscontro emotivo potrebbe ulteriormente arricchire chi ha originato questi atti. Costoro disprezzano ma conoscono bene il mondo occidentale che per altro non nasconde i suoi meccanismi. Anche i terroristi si devono finanziare e se lo fanno con rapimenti e riscatti nelle Filippine, perché non provare anche con massicce operazioni al ribasso prima degli attentati.
Ma ben più grande conquista per loro sarebbe l'aver generato l'annientamento economico della maggiore potenza mondiale, alimentato da cieco terrore, piuttosto che la dolorosa ma limitata vicenda dell'aver causato un gravissimo tributo di vite umane. Ma vanno aggiunte due considerazioni. La prima relativa all'ammontare delle vittime di questa guerra. Se veramente le migliaia di morti dovessero essere confermate, questo farà ragionare tutti i capi del Pentagono che simili numerari si dovrebbero raggiungere solo in un sistema di moderni conflitti convenzionali pluriennali.
L'altro accento va posto sul fatto che a seguito delle operazioni terroristiche, il mondo governativo e politico, i media e gli esperti hanno immediatamente messo sotto accusa i soliti sospetti. Bin Laden, gli integralisti islamici e quant'altri da sempre nel centro del mirino. Il che può essere una utile foglia di fico in momenti di emergenza, ma sicuramente riduttiva come visione di insieme dello scenario.
Si ha, infatti, la sensazione che esista una mente molto più raffinata e perversa a capo di una filiera di numerosa manodopera altamente specializzata. Una struttura complessa ed efficace in tutte le sue forme che può essere fornita solo da uno stato sovrano. Probabilmente una nazione di secondo ordine, magari anche amica degli americani come il Pakistan, che nasce nel 1947 come grazioso omaggio della Corona britannica all'ortodossia mussulmana e che non ha mai nascosto il desiderio che la sua force de frappe nucleare fosse il vessillo dell'espansione e della penetrazione dell'islamismo in quelle aree in cui, fra l'indifferenza generale, ha colonizzato nel sangue riducendo la religione a fondamentalismo.
Forse il Pakistan è stato alimentato finanziariamente da qualcuno altrettanto sovrano, ma molto più importante, e che in questo momento si trova costretto all'angolo da una congiuntura politica ed economica che non ha vie di uscita. Il governo della Cina non ha mai tenuto in molta considerazione il proprio popolo, e basta per tutti l'esempio del "grande balzo in avanti" di Mao che fece più di venti milioni di morti. Ma in compenso ha sempre considerato di dover essere presente militarmente e commercialmente in tutte quelle aree geografiche ritenute come zone di proprio interesse, prima fra tutte la provincia ribelle di Taiwan.
Il prossimo ingresso nella Organizzazione Mondiale del Commercio potrebbe sicuramente frustrare le ambizioni di questo governo totalitario, ma ciò non toglie che una joint venture con il Pakistan avrebbe una duplice valenza. Portare avanti con lungimiranza una strisciante invasione di paesi deboli attraverso un sistema religioso che si può sempre sconfessare e tentare di eliminare nel contempo potenziali nemici puntando al cuore del loro sistema economico, lasciando al partner gli orrori cruenti e gli onori delle cronache.
Ma cosa succederà alla riapertura dei mercati americani? Gli avvenimenti di martedì scorso hanno indotto una crisi psicologica, non un default finanziario. Solo se le autorità federali si mostrassero latenti o imbelli, l'emozione si trasformerebbe in una crisi delle borse. La Fed deve agire per prevenire che una epidemia di paura si diffonda e condizioni la popolazione a ritirare denaro e ad astenersi da qualunque tipo di acquisto. Questo condurrebbe ad una recessione e dunque ad una vera emergenza visto che la economia americana è rappresentata per due terzi da consumi interni.
La previsione più accreditata è di vedere perdite degli indici intorno al cinque per cento, seguite entro pochi giorni da un recupero totale ai valori pre crisi. Nel mondo professionale dei brokers prevarrà un certo cinismo e l'inclinazione fin qui mostrata a vendere potrebbe innescare tendenze compratrici proprio durante gli scossoni iniziali. Una grossa opportunità di prezzi. Per altro cose già viste ai tempi dell'attacco cardiaco di Eisenhower e dell'assassinio di J.F. Kennedy. I disastri creano finestre di opportunità ed il mercato non fa prigionieri.
Tutto questo avrà risvolti negativi per i Buoni del Tesoro americani, ma non quindi per le azioni. Si può facilmente prevedere che il Congresso USA spegnerà ogni polemica sul budget deficit federale, per vendere grosse quantità di obbligazioni statali ed impegnarsi in massicce spese per la ricostruzione di New York, con tutte le infrastrutture tecnologiche più moderne ed efficienti e per riorganizzare i sistemi militari e di intelligence.
Se ciò non dovesse verificarsi, il sistema economico americano che già era in pessima forma, produrrà la più formidabile crisi di borsa della storia. L'amministrazione Bush ha un vasto arsenale di armi finanziarie a disposizione e dovrà usarle presto e bene per combattere questo inusitato assalto. I suoi elettori non gli perdoneranno alcun tipo di errore.


Lunedì 17 settembre 2001. A New York, nella disastrata zona di Lower Manhattan riaprirà Wall Street, dopo quattro lunghi giorni di sofferente chiusura. Suoneranno le trombe della carica del Settimo Cavalleggeri, oppure le tristi note del deguello di Fort Alamo? La Borsa è una guerra combattuta in un altro modo, e anche se gli attentati militar terroristici astutamente non hanno fatto vittime tra i bambini, gli operatori di questi crimini hanno considerato sullo stesso piano i militari del Pentagono e le migliaia di addetti del sistema finanziario globale. Chiunque sia il nemico, l'abbattimento delle Twin Towers gli ha consentito una formidabile vittoria tattica, ma proprio per lo stesso motivo ha già perso la guerra.
Una economia stagnante, come quella USA, mal si concilia con un poderoso sforzo bellico. Il rilancio economico americano, che era già in fase di rifioritura con tutti gli indici più o meno rientrati alle quote iniziali di partenza del boom 1995-1999, ritroveranno da qui il loro pivot point. Alcuni arroganti analisti "tattici" considerano la lunga lista di licenziamenti in cantiere e la modestia dei risultati consuntivi della grande macchina produttiva statunitense e concluderanno che guadagnare sarà uguale a vendere. Panico su panico. Di solito funziona benissimo, come conferma il venerdì europeo dove crolli del cinque, sette per cento si sono sprecati. In questi ultimi tre giorni proprio nel vecchio continente, con la Svizzera in testa, troppi "esperti" hanno disquisito che l'appoggio agli USA potrebbe attirare gli stessi eventi anche in questa parte del mondo.
Come disse F.D. Roosvelt "non bisogna avere timore altro che delle proprie paure", ma in Europa sono molto pochi quelli che veramente parlano della riconoscenza che un gran numero di nazioni versa nei confronti dell'America. A liberare il Vecchio continente sono stati i fanti americani. E a rimettere in piedi un sistema industriale imploso sono stati gli aiuti del piano Marshall, non del piano Stalin. Il debito d'onore contratto allora scade adesso.
George W. Bush ha detto rivolto anche alla comunità finanziaria newyorchese, come auspicio per la riapertura dei mercati "Make no mistakes and God Bless America", non fate errori e che Dio benedica l'America. Così quante ondate di vendite iniziali saranno di matrice europea? Probabilmente la maggioranza, ma questo non farà altro che aumentare la determinazione americana, il loro forte senso della patria ed il loro orgoglio. Mentre i politici tenderanno con il tempo a sorvolare sulle svendite borsistiche, che non assoceranno più a sussulti di simpatia filo araba, i "market strategist" non dimenticheranno e non faranno prigionieri. Da lunedì si vedranno rimbalzi a fine seduta, quando cioè tutti gli altri mercati sono chiusi e gli americani sono soli a gestirsi gli affari. Tali rimbalzi saranno metodicamente massacrati dalle aperture del giorno successivo, fino al momento in cui i ragazzi di Wall Street non tireranno il sacco. Allora molti dei "tattici" europei cominceranno a gridare aiuto.
Per avere la percezione se ci siano state speculazioni sciagurate sulle orribili tragedie occorrerebbe osservare come si è mosso il sistema dei prodotti futures, cioè dei derivati finanziari a termine che consentono il maggior effetto leva, cioè molteplici guadagni o perdite a parità di fondi disponibili.
La logica vuole che i responsabili finanziari dei terroristi abbiano scelto i mercati più importanti e maggiormente liquidi. Questi sono tre. I cambi, gli indici di borsa, l'oro. In alcuni di questi è possibile operare senza significative regole di trasparenza. Primo fra tutti il Forex, l'associazione di tutte le banche ed i maggiori istituti finanziari mondiali. Girano quotidianamente circa mille miliardi di dollari di transazioni sui cambi e nessuno monitorizza la qualità e l'origine delle operazioni.
Se si analizza il tempo breve precedente l'attacco all'America, si evince che il crude oil è stabile a 26-28 dollari, in leggera salita, ma si avvicina l'inverno e le piccole tensioni sotto provvista del mondo occidentale sono nella norma. L'oro quota il 10 settembre 272 dollari l'oncia ed il giorno dopo l'11, quota 287 con picco a 290. Reazione isterica ma massiccia dei dilettanti, scontata per chi abbia accumulato a prezzi costanti sapendo anticipatamente quello che sarebbe successo. Stranamente argento e platino si muovono in forma molto marginale. Il contratto a termine SP 500 termina la seduta del 10 settembre a 1095,70 disegnando graficamente un flag up che indica una apertura positiva per il giorno dopo.
Una operazione vincente come quella sull'oro sembra essersi sviluppata sul mercato delle divise nei sei giorni lavorativi dal 31 agosto al 10 settembre, malgrado i dati macroeconomici sulla disoccupazione e sulla produzione americana abbiano creato poco effetto sul cambio euro/dollaro. La vera anomalia è rappresentata dal movimento del dollaro contro franco svizzero per variazione prezzi e quantità di contratti. Il parametro è ricavato dal IMM, International Monetary Market che rappresenta circa un cinquantesimo dei volumi prodotti quotidianamente dal Forex. Un contratto cambi a termine generalmente prevede scadenza fissa fino a tre mesi, ma in ogni momento, prima della scadenza, lo si può chiudere guadagnando o perdendo la differenza. Nella fattispecie comprare franchi svizzeri contro la vendita di dollari costa solo 1.200 dollari di margine. Chi dal 31 agosto al 14 settembre avesse investito 1.200 dollari per contratto ne avrebbe guadagnati il doppio. Quindi 500 milioni di dollari di impegno per pochi giorni, sull'onda degli eventi, avrebbero prodotto un miliardo, rimborsato il capitale.
Comprare oro e franco svizzero è la primissima reazione alla paura, ovvia, scontata e pienamente utilizzata. Se queste organizzazioni terroristiche, ossia il loro lato oscuro ma istituzionale, sono state capaci di attentati di tale portata, non si capisce perché non potrebbero essere in grado di avere 100 e passa società offshore che abbiano agito di concerto frazionando su innumerevoli banche diverse. Il sistema del Forex e quello dell'oro a Londra o Chicago lo consentirebbero perfettamente.


In uno dei passaggi importanti del discorso al Congresso americano il Presidente Bush jr. ha sottolineato che certamente il mondo industrializzato deve dare prova di civiltà a difesa dei comuni valori di libertà e tolleranza, ma la fermezza usata contro il terrorismo non deve dare adito a nessun tipo di dubbio. L'America sa bene che a parte il Regno Unito, la coalizione di paesi che a parole le sono vicini, può liquefarsi al primo calore di interessi geopolitici diversi. E altrettanto comprende che non è possibile negoziare all'infinito con gente che ha una scala di valori completamente diversa da quella conforme alla cultura occidentale.
Le numerose autorità di controllo dei mercati internazionali stanno lentamente ma inesorabilmente arrivando alla conclusione che l'attacco militar terroristico agli Stati Uniti ha comportato oltre all'effrazione del sistema difensivo americano, oltre al pesante colpo alla economia globale, oltre al panico diffuso scatenatosi tra i paesi maggiormente industrializzati, anche la beffa di dover constatare pingui guadagni derivati da operazioni finanziarie speculative.
Alcune, rappresentative di svariate decine di milioni di dollari, già segnalate anche dai media, possono essere considerate alla stregua di piccoli regali elargiti alla bassa manovalanza, il contorno non professionale e marginale rispetto alla manodopera altamente specializzata impiegata negli attentati. Altre, non ancora pubblicamente visualizzate, hanno prodotto incassi di miliardi grazie ad accorte manovre sul mercato dei cambi. Un'immensa platea globale, poco regolamentata e che muove quotidianamente trilioni di dollari di transazioni.
Un servizio di intelligence efficace dovrebbe analizzare che il sistema mondiale dei cambi, sia spot che a termine, evidenzia due direzioni, quella dell'effettivo scambiato e quella del proposto. Si deposita la divisa acquistata e si prende in prestito quella venduta, poi si aggiusta il prezzo per valuta differita in modo da poter regolare l'operazione anche per il tramite di chiusure di segno opposto. Annullare le operazioni di segno opposto è come azzerare il rumore di fondo, perché si ottengono i flussi netti.
È sufficiente mettere le bandierine sul mappamondo ed ecco comparire uno schema dove le portaerei sono i dollari e le altre valute il resto della flotta. Le varie divise non si muovono dal paese che le stampa. Le banche centrali si spediscono reciprocamente le banconote in difetto od in eccesso, consentendo quindi di misurare le variazioni dei depositi di conto bi o multi laterale tra istituti commerciali. Eliminando le distorsioni dovute alla bilancia turistica, si ottengono grosso modo i profitti delle organizzazioni criminali. Ma più di tutto, le alterazioni di flusso indicano anche quali aree geografiche siano state interessate da importanti movimentazioni finanziarie in entrata o in uscita.
In ogni modo, l'attuale contingenza sta degenerando in ondate di panico che si rovesciano sui mercati e su cui non c'è molto che i governi possano fare, perché le borse non sono opere benefiche e specchiano i fatti. Provvedimenti opportuni sono quelli che tengono conto dei dati economici di fondo, cioè che la paura paralizza gli investimenti reali e genera ulteriori danni reali ed i guai delle compagnie aeree e di turismo rischiano di essere solo la punta dell'iceberg. Tutti i listini azionari sono sulle quote del 1997, con discese superiori al 30% dal giugno di quest'anno, ma rispetto ai massimi del 2000 le perdite sono dirompenti.
Il mercato non ha un'anima e cerca la verità nell'unico modo che conosce, per tentativi. Prova in su, prova in giù e va dove riesce a sfondare e purtroppo ora incontra solo operatori e brokers sconfitti nello spirito e nel portafoglio e l'avvilimento si trasforma in rotta ed in strage. Le valutazioni di qualità, ossia le sottoquotazioni rispetto ai reali book value delle società sono rinviate a fine panico.
La recessione è chiara e la sua propulsione e violenza sono aumentate autoalimentandosi con la sfiducia e la preoccupazione dei popoli. La velocità sarà l'unico atto pietoso del mercato, perché questa sarà una recessione brevissima, con un rimbalzo delle quotazioni a V e non a larghissima U tipica delle congiunture strettamente economiche. Infatti, mai come in questo momento ci sono bassi tassi e denaro facile, tasse in diminuzione, governo che spende e l'inflazione è sotto controllo.
Ma prima di chinare di nuovo la testa sui conti, sulle stime e sulle valutazioni, deve assolutamente ritornare il "business as usual" sperando che nessun analista "tattico" voglia fare "meglio", suggerendo di bloccare, chiudere o limitare il mestiere degli scopertisti, gente che paga di tasca propria onori ed oneri ma nel far questo assolve l'importantissima funzione di fornire liquidità al mercato e che in situazioni come queste di panic sell è l'unico prezioso carburante che può aiutare le borse a girarsi.
Dal mercato deve sparire la paura, non per un impossibile atto di coraggio collettivo, ma per fatti concreti, con la lotta al terrorismo come priorità, l'individuazione delle sue cause e la sua prevenzione. Il London Stock Exchange è stato evacuato per motivi di sicurezza e le borse ovviamente hanno aumentato volumi e perdite. Il sistema economico globale era come un Jumbo in lenta discesa, sostituito da un caccia in picchiata, che ora assomiglia al solista ubriaco della pattuglia acrobatica. Un sasso volerebbe meglio. Questo venerdì 21 potrebbe essere il più difficile triple witching, cioè chiusura trimestrale di indici, opzioni e futures degli ultimi cinquant'anni.


L'Italia è il paese delle troppe polizie, dei troppi uomini che indossano divise diverse ma che fanno la stessa cosa, che hanno regole di ingaggio non adeguate ai nuovi scenari ed equipaggiamenti obsoleti. In più non serve avere ai posti di responsabilità dei servizi di sicurezza persone che scambiano l'intelligence con operazioni di polizia giudiziaria.
In effetti andrebbe capito bene cosa si vuole ottenere da degli organismi che in questi giorni i media mettono a paragone di CIA, FBI, FSB, MI5, MI6 ed altri competitors del grande mare dell'informazione privilegiata. Se per caso li si vuole altamente professionali, all'altezza degli eventi e pronti a sviluppare sensate analisi su quello che avverrà e non ad arrancare burocraticamente su quello che è successo, allora probabilmente non basta modificare l'assetto dei vertici. E' necessario cambiare una cultura civile e militare che si è sclerotizzata in tanti decenni di carriere costruite con logiche puramente burocratiche Le poche cose buone, G8 di Genova compreso, sono state gestite da personale animato da senso del dovere e da singole qualità, che mal si confrontano nel crogiuolo degli immotivati immobilisti.
Oggi il mondo intero si trova a contrastare scenari di conflittualità non convenzionali, quindi molto più pericolosi di quanto lo fossero le usuali scaramucce all'epoca della guerra fredda. Manca un nemico, anzi si ha nostalgia del nemico. In compenso ogni stato sovrano che è parte del sistema industrializzato ne ha di fronte parecchi e bene armati. Ovviamente con armi inusuali, che toccano e fanno male alla gente, alle economie, ai sistemi informatici ed alla gestione della globalizzazione che per quanto contestata è un fenomeno inevitabile. I Servizi non devono limitarsi ad un "benign neglect" ma devono essere in condizione, ammesso che questa sia la loro mission politica, di utilizzare gli strumenti più efficaci. Si devono pagare i conti di un lavoro malfatto e si deve ristrutturare completamente. E' necessario riconsiderare la logica humint, cioè personale addestrato a fare intelligence sul territorio e non basarsi solo su elint e sigint, perché è stato amaramente dimostrato che l'high tech da solo, senza la capacità umana, non paga.
Servono competenze e qualità che oggi non esistono nelle specifiche amministrazioni governative. Di conseguenza deve essere eliminata la circolare Dini del 1995 e riformata la struttura della legge sul segreto di stato. Gli agenti sul campo non possono non operare perché timorosi di interventi frettolosi di qualche magistrato. Troppi sono stati gli esempi in questi ultimi anni dei pochi veri professionisti di intelligence, allontanati dal loro mestiere perché scoperti nell'esercizio del loro dovere. Berlusconi ed i suoi Ministri competenti affermano di voler attuare questa riforma in breve tempo. Come sempre succede in Italia sono già pronti ai blocchi di partenza alcune centinaia di assistenti parlamentari che non vedono l'ora di dividersi i posti in forma bipartisan, chi da una parte chi dall'altra. Il miracolo a metà, per contribuire veramente all'efficienza, deve completarsi con efficacia.


Oltre alla guerra chimica e batteriologica, la follia oltranzista islamica potrebbe spingersi ben oltre ogni più fervida immaginazione. La dipendenza della civiltà dall'elettronica è assai maggiore di quanto l'immaginario collettivo percepisca. Automobili, aerei, centralini telefonici, banche dati, computer grandi e piccoli e una grande quantità di altre cose di uso consueto o strategico, funzionano solo grazie all'assenza di forti campi magneto elettrici, in quanto qualunque apparecchio che sia "embedded", cioè contenga microchips è estremamente sensibile alle cariche statiche. Una carica statica è un fronte d'onda brevissimo ad elevata tensione ma a bassa energia, la cui riproduzione non è difficilissima né molto costosa. L'ipotesi di un attacco a tutto l'impianto tecnologico mondiale e che riporterebbe l'attuale sistema di vita indietro di secoli, non è una chimera.
HEMP (High Altitude Electromagnetic Pulses) è un'arma che fatta esplodere in aria a bassa densità, quindi ad elevata altezza, produce raggi gamma che viaggiando verso il basso possono far impennare il campo magnetico terrestre in un nanosecondo. Questo impulso, originato da una bomba a fusione, esplodendo a 300 km sopra il centro degli USA produrrebbe un lampo elettrico dell'ordine di 50 kilovolt/metro che alla velocità della luce annullerebbe simultaneamente qualunque apparecchiatura in terra ed in aria, inclusi i computer che dovrebbero informare dell'attacco e tutto il materiale militare utile alla difesa ed alle eventuali contromisure.
L'azione dei raggi gamma primari sulle molecole genera emissione di elettroni noti con il nome di effetto Compton. La proporzione conica fra altezza dell'esplosione e raggio del cerchio sottostante interessato si evidenzia in due possibili esempi. Un esplosione a 30 miglia di altezza potrebbe interessare un'area di 480 miglia di raggio d'azione, mentre a 300 miglia di altitudine sarebbero 1470 le miglia di territorio interessate.
Purtroppo ci sono parecchi mezzi "casalinghi" per ottenere effetti simili, i quali anche se di portata minore sarebbero letali qualora numerosi e ben collocati. Di recente l'esercito svedese, con un modesto investimento di circa ventimila dollari ha comprato un HMP (High Power Microwave), realizzato dalla controparte russa. Un'arma che può stare in una valigetta, è silenziosa, non esplode ma emette brevi impulsi ad elevata energia pari a 10 gigawatts, cioè quanto produce in continua qualche reattore nucleare.
Il suo raggio d'azione va da una dozzina ad alcune centinaia di metri ed è in condizione di annientare definitivamente i sistemi elettronici per l'appunto di una centrale nucleare, di una diga, di banche, treni e quant'altro sia di interesse. Ne è stata sviluppata anche una versione "tascabile", tipo pistola che può mettere ko un singolo obiettivo di piccole dimensioni. Armi di questa tipologia sono oggi montate anche su missili cruise che in certe condizioni possono cortocircuitare vaste porzioni di reti elettriche.
Ulteriore aspetto meno visibile ma assai più subdolo del cyberterror è quello della creazione e distribuzione di virus informatici tendenti a distruggere banche dati, programmi e reti di comunicazione, per quanto dotate di protezioni apparentemente blindate. Tutte le organizzazioni più importanti hanno ovviamente copie back up di sicurezza, ma i ripristini come si è evidenziato proprio in queste settimane, non sono mai immediati.
Un altro aspetto potrebbe essere la diffusione di notizie false o devianti attraverso i "ghost sites", siti Internet che si innescano automaticamente al posto di quelli veri. L'utente è convinto di leggere una normale agenzia di stampa ed invece sta ricevendo dal ghost qualcosa di completamente diverso. Da ultimo un sistema poco sofisticato ma di sicuro effetto, consistente nel massiccio invio di email di minaccia a politici, addetti alle forze dell'ordine, intelligence. Un testo accuratamente studiato da validi psicologi potrebbe ottenere effetti invisibili ma ugualmente devastanti.
www.kill.net è un sito nato qualche giorno fa e fondato da un tedesco, eccellente hacker che ha avuto nei suoi trascorsi qualche problema con la giustizia. Ha creato una società che si occupa di sicurezza dei dati ed è diventato un convinto missionario del "killing terrorism". Secondo la sua teoria la difesa contro il non convenzionale si può attuare tramite la ricerca dei conti delle organizzazioni terroristiche, la conseguente identificazione delle riferibili transazioni di denaro, la classificazione dei supporter finanziari, siano anche stati sovrani, la intercettazione e la consegna dei dati conseguiti agli USA.
In effetti questi sono alcuni dei nuovi aspetti di cui un'intelligence adeguata ai tempi dovrebbe occuparsi, così come ribadito da più parti. Cresce nella civiltà la dipendenza da mille nuove scoperte, ma cresce anche la capacità di circondare ed isolare i "cattivi". Il mondo è diventato un'unica piazza e l'antiglobalizzazione è lo spazio disponibile al privato per la sua bottega "rinascimentale". Ora come allora, tanti imbianchini, ma anche qualche Michelangelo.


Il video con il proclama di bin Laden, merita la possibilità di ulteriori chiavi di lettura. C'è infatti una singolare concomitanza spirituale di idee e contenuti fra il terrorista e Muhammad Ahmad che nel 1881 si autoproclamò Mahdi, colui che è guidato dallo spirito divino ed iniziò una campagna per liberare il Sudan dalla oppressiva occupazione egiziana, predicando una riforma dell'Islam che anteponesse ai pellegrinaggi alla Mecca la partecipazione di tutti i fratelli mussulmani alla guerra santa contro i miscredenti.
L'Egitto richiese l'aiuto degli alleati inglesi ed il Primo Ministro William Gladstone richiamò in servizio il Generale Charles George Gordon il quale fu massacrato nel 1885 insieme alle sue truppe a Khartoum. Il governo di Londra a seguito di tali fatti fu costretto alle dimissioni e il Mahdi morì poco dopo la conquista della città e di una vasta area del Sudan. Ma non si estinse però il suo movimento di fanatici che presero il nome di Mahdisti, ed occuparono vaste zone del territorio egiziano provocando ulteriori sollevazioni popolari. Solo nel 1898 un corpo d'armata guidato da Lord Horatio Kitchener li spazzò via definitivamente.
Il robusto filo della fede che lega dopo più di cento anni le due figure del Mahdi e di bin Laden mette in luce che l'unica differenza consiste nella precisa e profonda conoscenza del mondo occidentale da parte di quest'ultimo. Nel suo ragionamento non sembrano emergere particolari risentimenti verso gli Stati Uniti, o per lo meno non più di quanto risulti dai discorsi di un qualunque fondamentalista islamico. Il suo disprezzo è diretto invece proprio contro tutti quei suoi fratelli che ritiene non osservanti della dottrina wahabita, un precetto che bin Laden iniziò a predicare fin dalla guerra del golfo, quando denunciò come traditori tutti i paesi arabi che ospitavano i "crociati", i soldati che volevano liberare il Kuwait.
Bin Laden è perfettamente conscio che le operazioni condotte l'11 settembre gli hanno consentito di raggiungere tre obiettivi di grande respiro politico. Modificare l'immaginario collettivo mondiale, ridicolizzare il sistema militare di difesa americano, colpire al cuore la struttura economica e finanziaria globale. E' oramai nella comune capacità conoscitiva che ulteriori dimostrazioni, simili nella potenza alle precedenti, provocherebbero il collasso definitivo del mondo industrializzato. Tutto ciò che miracolosamente ha retto al primo duro colpo, può crollare come un castello di carta se altri attacchi dovessero ripetersi.
Bin Laden vanta un background di tutto rispetto. La sua famiglia, fiduciaria insieme ad altre nella gestione delle fortune della dinastia regnante Saud, è puntualmente presente quando, tra il 1972 ed il 1982, l'Arabia Saudita diventa il vero crogiuolo medio orientale dei grandi affari prodotti dai petrodollari. Ai francesi della Thunez Dumez, SAE e Bouigues viene concessa l'esecuzione del gigantesco "rush programme", migliaia di alloggi per i meno abbienti. Le consulting britanniche hanno il monopolio delle progettazioni e delle direzioni lavori, con poche eccezioni come la Sauti dei fratelli Renardet. I tedeschi della Philip Holtzmann e gli italiani di Italstat, della Genghini, della Grandi Lavori realizzano parecchi dei nuovi faraonici ministeri di Riyadh. Ma agli americani ovviamente è concessa la parte del leone, facilitati anche dai cospicui aiuti finanziari erogati dal loro ente statale Eximbank.
Si mettono in pista la Bechtel, la Brown & Root, la Schlumberger, la Litton, la Martin Marietta, la Raytheon, la Boeing, la MacDonnell Douglas, la Northrop, la AT&T, la IBM per gli appalti strategici, cioè la costruzione chiavi in mano per decine di miliardi di dollari della King Khaled Military City, della base aerea tattica di Al Khobar-Dahran, dei porti mercantili di Jubail e Jambu e delle fondamentali strutture portanti di telecomunicazioni. Quando non sono loro direttamente, utilizzano i giapponesi della Mitsubishi o i coreani della Komatsu, imprese indiane e pakistane. Su tutto e su tutti vigila l'US Corp of Engineers, il più grosso dipartimento governativo di assistenza tecnica del mondo.
La famiglia bin Laden, trova il modo di diventare molto ricca grazie alle commissioni elargite dalle compagnie internazionali per averla come sponsor nelle assegnazioni dei contratti di appalto e di forniture. Il denaro è la chiave di volta ma anche il punto di debolezza delle nazioni industriali, e la complessa rete costruita con pazienza da Osama rende vincente quella rivoluzione spirituale e culturale che al Mahdi un secolo prima non era riuscita. La gestione prudente ma metodica della penetrazione islamica in aree geografiche considerate tolleranti e moderate ne è la riprova. Indonesia e Pakistan sono le nazioni con la maggior concentrazione mussulmana, ma cadono anche lo Sri Lanka, la Malaysia, il Bangladesh e le Filippine sotto gli attacchi dell'oltranzismo islamico.
Bin Laden si trova ad essere l'amministratore delegato di una holding di matrice wahabita in cui non solo trovano rifugio i disperati del terzo mondo, pronti a farsi mercenari in cambio della promessa di una vita migliore, ma anche azionisti di riferimento di tutto rispetto. Paesi sovrani insospettabili che nel nome dei mutati assetti degli interessi internazionali non esitano a scommettere sui giochi di potere del nuovo futuro capo dell'Islam. Uno dei primi principi adottati è la totale mancanza di reciprocità. La fede di Maometto si espande nel mondo occidentale con la costruzione di innumerevoli moschee, lo stesso non si può dire per la Chiesa nelle nazioni mussulmane. Un altra regola fissa è non ammettere dissenzienti. Il tempo è poco, i costi di gestione sono molto alti ed i dividendi politici devono essere distribuiti con rapidità.


Le indagini delle competenti agenzie americane incaricate di scoprire sacche di denaro e di interessi quantomeno compromettenti perché legati al fondamentalismo islamico, stanno puntando il dito sugli "awala", quei banchieri che nel nome delle regole prescritte dal Corano non chiedono interessi sui soldi prestati, ma non tengono neanche registrazioni contabili in ossequio a norme religiose che civilmente anche gli Stati Uniti hanno accettato.
La carità deve essere sincera ed anonima e questo sistema si muove sulla prassi consolidata che quello che viene elargito sarà pareggiato da introiti di altre fonti finanziarie, tipo fondazioni e fondi di solidarietà. Da questi bacini hanno pescato con estrema facilità e a piene mani i terroristi ed i loro soci in forma visibile, visto anche che il listing dei banchieri "awala" è normalmente pubblicato in USA nelle pagine gialle. Il Ministero del Tesoro statunitense sta per partire in contro offensiva verso tutti i paesi ombra che facilitano evasione fiscale, laundering finanziario ed occultamento del "real beneficiar owner" il reale proprietario dei beni.
L'attuale pragmatismo e determinazione seguito agli accadimenti dell'11 settembre faranno fare un passo in più rispetto alle belle intenzioni ed alle parole spese negli ultimi due anni, cioè da quando il Presidente della Fed Alan Greenspan incominciò ad essere preoccupato quando si rese conto che una gran massa di denaro non convenzionale e non controllato istituzionalmente per circa 500 miliardi di dollari, disseminati tra una miriade di società offshore, avrebbe potuto destabilizzare l'andamento dei mercati.
I paradisi finanziari sono generalmente rappresentati da paesi poveri che altro non hanno da offrire se non clima gentile ed un gran numero di banche di varie origini ed esperte in tipologie di servizi fondamentali per una clientela esigente quanto particolare. Ma i giorni sono contati proprio perché a parte la salvaguardia da occhi indiscreti, la loro struttura economica nazionale è molto fragile. Saranno sufficienti contropartite adeguate per far cessare immediatamente qualunque riparo e copertura.
Ma forse non è necessario andare tanto lontano. Lugano, a pochi passi dall'Italia, è da sempre uno dei rinomati centri dello smistamento di interessi illeciti. A ridosso degli attentati in America è stata quasi subito individuata una rete di società residenti in Svizzera e riconducibili a Osama bin Laden.
Al Taqwa Managenent Organization fu scoperta dai media ma subito dimenticata. Il titolare arabo, inafferrabile, era residente a Campione d'Italia e quella stessa società tra il 16 ed il 17 settembre è letteralmente sparita, grazie anche ai buoni uffici di uno dei più influenti studi legali del Canton Ticino, il cui titolare è avvocato e consulente di parecchie filiali svizzere di primarie compagnie internazionali. Probabilmente, anche in virtù di queste preziose attività, non è mai stato toccato da alcun tipo di indagine o rogatoria per espresso desiderio della Procura di Lugano. Neanche quando come consigliere giuridico della locale sede della Merril Lynch, che fu poi dimostrato essere pesantemente coinvolta nella inchiesta "Pizza Connection", non si oppose ad un deposito iniziale di dieci milioni di dollari in contanti da parte di un individuo di nazionalità turca, successivamente condannato per traffico di stupefacenti.
Uno dei fratelli di Osama bin Laden che abita indisturbato a Ginevra ha da pochi giorni costituito una Stiftung, una fondazione benefica registrata però a Berna, forse perché la circolazione delle notizie riservate non è poi così semplice in Svizzera, visto che un magistrato di Ginevra non ha alcun potere in altre diverse giurisdizioni cantonali.
I numerosi viaggi compiuti a Milano da questo bin Laden con un jet executive di proprietà stanno sollevando parecchi interrogativi da parte dei servizi di informazione italiani, che pare abbiano la conferma dei suoi vari incontri con una donna araba sospettata come possibile terrorista. L'ipotesi che questo banchiere "awala" possa disporre di una nuova Laden Stiftung per la gestione di flussi finanziari favorevoli alla causa del fondamentalismo islamico è una traccia su cui l'intelligence sta lavorando.
Il noto principe Al Walid bin Talal ha commentato a caldo, con nota scritta rilasciata dal suo ufficio stampa, che gli eventi dell'11 settembre dovrebbero far meditare gli USA rispetto alla qualità della loro politica nel vicino e medio Oriente. Poi ha commesso un altro errore donando al Sindaco di New York, Rudolph Giuliani un assegno da dieci milioni di dollari quale contributo alla neonata fondazione per la ricostruzione delle Twin Towers. Questi ha rimandato i soldi al mittente in quanto un gesto già considerato politicamente strumentale era per di più accompagnato da parole poco amichevoli.
Può sembrare paradossale, ma non risulta che questi banchieri "awala", di cui il ricco uomo d'affari saudita è parte integrante, così come i paesi arabi benestanti, stiano contribuendo in alcun modo all'acquisto delle derrate alimentari e farmaceutiche che i paesi occidentali fanno affluire quotidianamente a conforto dei profughi afgani, bisognosi di ogni tipo di aiuto.
Il Ministro della Difesa americano Donald Rumsfeld non ha esitato ad affermare di fronte ai media, sempre pronti ad ingigantire la morte di civili per mano di operazioni militari, che queste "casualties" sono di tutta evidenza preterintenzionali in quanto tutti gli interessati sono stati ampiamente e con largo anticipo avvisati dei bombardamenti e delle operazioni militari in corso. La televisione pubblica italiana ha mandato in onda per due sere di seguito un istant movie realizzato sulle tragiche storie umane e personali prodotte dagli attentati a New York. Nei titoli di coda scorre una lunga lista di anonimi caduti, accomunati solo per la loro provenienza di origine. Stranamente non ce ne sono di nazionalità araba.

L'economia globalizzata è costellata di distinguo. Tali sono stati quelli di Alan Greenspan all'udienza del Congresso degli Stati Uniti prima che questo chiudesse per qualche giorno sull'onda del pericolo di contaminazione da antrace. Il capo della Fed per dimostrare la validità del suo pensiero è dovuto ricorrere questa volta al gioco delle tre mani. La prima ha detto in sintesi che il mercato finanziario sarà risospinto supersonicamente dall'information technology. La seconda che il vicino orizzonte temporale non promette nulla di buono in quanto acquisti di beni capitali e vendite al dettaglio hanno solo smesso di scendere. La terza che il maggior costo per una ottimale sicurezza di tutto il complesso sistema industriale annullerà in principio il valore aggiunto della new economy, ma nel lungo termine proprio questa sarà il motore primo della rinascita americana.
Il Presidente della banca centrale, che evidentemente si considera un vate, ha preteso che la definizione universalmente accettata di recessione non fosse riassunta in due GDP consecutivi negativi. Ma l'evidenza sono i sintomi non la malattia e questa si estrinseca con la riduzione di posti di lavoro e del consumer spending. Non per nulla la Casa Bianca dopo aver cercato di fare il possibile in termini di concrete iniezioni di fiducia e di denaro, nella settimana dopo l'11 settembre si è rivolta al popolo americano chiedendo "we want you back in the malls", tornate nei negozi.
Il motivo numero uno dell'evidente cedimento in corso nella economia più potente del mondo è che la rivoluzione delle dot com, che prometteva utili stellari, è stata trucidata nella culla dalla teoria delle curve di Philips che il Governatore ha utilizzato a piene mani per le sue analisi dimostratesi talvolta poco corrette. Suo malgrado, è solo dallo zoccolo duro rimasto che si può ripartire perché le indagini minuziose sui flussi finanziari sospetti, la difesa contro il cyberterror, la garanzia dei sistemi di comunicazione alternativi, tutto passa per il boom & bust cycle dell'high tech. Prova reale è Net2Phone, l'unico contenitore di chiamata telefonica via computer che non è collassato nei dintorni del disastro delle Twin Towers.
In ogni caso il risultato economico dei terroristi è visibile perché il danno creato ha concretizzato definitivamente che l'assioma uomo-lavoro-reddito-consumo è talmente sottile che bastano defezioni del 10% per fornire depressioni ben maggiori di quelle del 1929. Alan Greenspan non riesce ad esprimere ottimismo, non ne è fisicamente e psicologicamente capace, neanche posto di fronte al "devo" kantiano, ed in queste ore così dense di incognite a Washington si rimette in discussione questo pessimista, ex socio di un positivista. Giganteggia la figura di Townsend, economista oscuro ma di idee sincere, con il quale il Governatore condivise una società di consulenza dal 1954 al 1974 e dal 1977 al 1987.
Il tema della sicurezza come già lo fu quello dell'inquinamento è un costo che va direttamente sulla bottom line di un sistema economico ancora convalescente e frastornato da troppi esperti che vogliono indicare a tutti i costi una strada corretta, ma che termina comunque ed inevitabilmente in un cul de sac. Cosí ad ogni caso di antrace oggi e di chissà che cosa domani, il mercato vede allontanarsi la stabilizzazione del suo fondo, il tanto sospirato market bottom e perde punti percentuale in ragione di ore e non di giorni.
Gli americani come popolo, ed il mercato come mestiere, sono sempre proiettati verso il futuro ma possono morire per mancanza di "bright" cioè di qualcosa di fulgido, mentre gli europei ne possono fare a meno perché si sono abituati al meglio che è sempre il peggior nemico del bene. Se si uccide l'ottimismo si sarà poderosamente minato l'intero complesso economico degli Stati Uniti, ed anche se questo è un target molto al di sopra delle capacità di Al Qaeda, bisognerà capire quali vittorie sul campo di battaglia rimetteranno al posto giusto le prospettive. Malgrado tutte le esitazioni e contro ogni tentazione disfattista, il mercato resta forte anzi fortissimo. Pochi percepiscono la reale capacità del patriottismo americano ed un quanto mai ipotizzabile short covering di borsa potrebbe ridurre al silenzio anche quei professorini del University College of Los Angeles che, predicando recessioni durevoli quattro o cinque trimestri, evidenziano poca esperienza rispetto alla comprensione di una spinta keynesiana od alla frenesia di una economia post bellica.
C'è un delicatissimo chart point Nasdaq, che in questo periodo è il più indicativo di trend rispetto al Dow Jones ed all'SP 500. A 1759 può diventare "make or break", o la va o la spacca perché l'incrocio fra medie mobili a quindici e cinquanta giorni, mixato con il grafico delle chiusure, è al suo terzo tentativo. Il primo è stato a gennaio 2001, il secondo ad aprile 2001, il terzo è adesso. Nei primi due casi il fallimento ha prodotto brusche discese. Si ricorda che l'8 ottobre 1998 il Nasdaq fece una punta acuta di ribasso a 1357 e che il magico crossover del quindici su cinquanta fu toccato circa tre settimane dopo, cioè il 21 ottobre e non più rovesciato per i diciotto mesi seguenti. Questo minimo è stato sostanzialmente rivisitato il 21 settembre 2001 a 1387 ed ha completato il ciclo secondo il quale il mercato ritorna sempre da dove è cominciato. Il 17 ottobre era sul punto di passare, ma sarebbe stata una incongruenza storica travolgere al rialzo il giorno dell'anniversario della rivoluzione leninista russa. Lo stesso dicasi per il 19 ottobre, terzo venerdì del mese e quindi seduta di borsa dedicata alle scadenze tecniche, ma più di tutto ricorrenza del lunedì nero del 1987 di Wall Street.
Qualche autorità dotata di fantasia, ha chiuso per due giorni in forma prudenziale l'ufficio postale di Dubendorf, paese di mille abitanti nel profondo della Svizzera, causa la paura della diffusione dell'antrace, anche se è dubbio che il fondamentalismo islamico sappia la localizzazione di tale luogo. Ma tant'è, l'immaginario collettivo colpisce ancora.


Sembra essere passato molto più tempo rispetto a quando, dalla metà degli anni settanta fino a tutti gli ottanta l'Arabia Saudita era il paese del bengodi, dove imprese di ogni genere e nazionalità portavano a casa soldi a palate con poco sforzo. La Saudia Airlines, per esempio, il cui gingle era "la chiave al cuore del medio oriente", aveva acquistato dalla Boeing i 737 per il trasporto interno chiamati comunemente, ma non certo in quella regione "piggy", mentre la Lockeed aveva venduto lussuosi quanto costosi Tristar L1011 per le rotte a lungo raggio, la cui manutenzione alla fine costava più dello stesso aereo. A seguito degli attacchi dell'11 settembre pare che tutta l'attenzione mondiale sia concentrata sulle condizioni e prospettive economiche americane, il cui minimo stormire segna matematicamente la direzione del sistema globale. Ma maggiori nubi temporalesche si addensano sul regno saudita, in pericoloso bilico tra caos finanziario e politico.
Nella guerra contro il terrorismo questo paese rappresenta una pedina imprevedibile e a seconda di come si muoverà influenzerà molti destini, ben più pesantemente della Fed o degli aiuti varati dal Congresso americano. L'Arabia siede letteralmente sopra il 25% delle riserve mondiali accertate di petrolio ed il basso costo di estrazione le consente di pompare 9,2 milioni di barili al giorno, che significa rifornire quotidianamente il 10% del consumo di tutti i paesi industrializzati. La dipendenza ombelicale di questi ultimi non potrebbe essere più evidente. Giappone ed Europa si approvvigionano per circa il 20% del loro fabbisogno dai pozzi sauditi ed una interruzione anche di breve periodo significherebbe il maggiore degli "oil shock" visti finora.
Pochi si sono accorti, malgrado moltissimi abbiano stabili relazioni commerciali con la casa regnante Saud, che l'attuale livello di corruzione della famiglia reale unita ad una incongruente politica di diversificazione industriale della nazione, alimenta la militanza dell'ultra conservatore partito Wahabi, una setta di mussulmani sunniti che raccoglie nell'ascetismo religioso una vasta porzione della popolazione.
Nel 1979 Wahabiti armati occuparono militarmente la sacra Moschea della Mecca, chiedendo alle autorità di espellere tutti gli stranieri, di donare tutte le ricchezze personali alla nazione e di instaurare un regime repubblicano con costituzione teocratica che chiudesse ogni rapporto con l'ovest e bloccasse le esportazioni di petrolio verso gli Stati Uniti. Dopo due settimane di sanguinosi combattimenti, la Guardia Nazionale ebbe ragione dei rivoltosi e potè riconquistare la Moschea, simbolo di tutto l'Islam, solo perché riuscirono a bruciarli vivi immettendo liquido infiammabile nella rete fognaria.
Nel 1982 e pochi mesi dopo l'assassinio del Presidente egiziano Sadat, reo per gli oltranzisti di essere un fautore della pace con Israele, l'attuale Re Fahad salí al potere. Dopo quasi vent'anni, la sua guida politica ha conseguito pochi essenziali risultati. Fra questi, la coltivazione dell'amicizia con gli Stati Uniti e la conseguente protezione dagli attacchi esterni dell'Iraq. Una migliore gestione della situazione interna è passata per una concessione di maggior controllo religioso ai fondamentalisti wahabiti. Infine, per tenere unita l'enorme dinastia regnante forte di circa seimila principi di sangue, sono stati chiusi gli occhi su arricchimenti impropri. Una miscela esplosiva esattamente uguale e parallela a quella dell'Iran, all'epoca dello Shah-in-Shah, il Re dei Re della Persia.
L'armamento militare saudita è formidabile e ragionevolmente recente, ricostruito interamente dopo Desert Storm. L'addestramento non è impeccabile, ma americani ed inglesi fanno a gara nel provvedere alle necessità tecnologiche, visto che i codici del deterrente nucleare tattico presente sul territorio in basi protette non sono disponibili alle forze locali.
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, l'equipaggiamento del Regno consiste in 120 caccia bombardieri Tornado con sistemi avionici modificati, 108 F 15 Strike Eagle, 3 C 130 Hercules, 315 carri armati classe Abrams, 105 carri armati classe Patton, 48 elicotteri da combattimento Black Hawk con potenziale notturno, 2.500 veicoli armati per trasporto truppe, 8.500 missili anticarro, 1.000 missili classe SAM terra-aria, 2.500 missili aria-aria, 900 missili aria-terra, 126 Exocet e Sea Eagle utilizzabili come vettori anti nave, più sistemi radar e di ricerca elettronica SPY per rendere sicura la frontiera con l'Iraq.
Ma il vero pericolo viene dall'interno, visto che l'aumento degli aderenti all'oltranzismo islamico deriva maggiormente dalla contestazione all'opulenza della famiglia regnante comparata ad una economia e ad uno standard di vita della gente comune, passato a meno 40% rispetto a vent'anni prima.
La popolazione ha un tasso di crescita vertiginoso pari al 3,27% annuale e circa la metà ha un'età inferiore ai quindici anni. I servizi pubblici sono disastrosi e la mortalità infantile è di 51 su 1.000. Quella irachena, per la quale tutte le associazioni umanitarie si agitano è di 61 su 1.000. L'educazione statale è una vera presa in giro, il 30% delle donne in genere non sa leggere, ma in compenso il 30% del tempo didattico nelle scuole è dedicato obbligatoriamente a libri di testo che riportano messaggi anti cristiani ed anti occidentali. Un professore dell'Università King Saud di Ryiadh sostiene che la religione, cosí come praticata, sembra innocente, ma in realtà è un meccanismo perverso di reclutamento. Circa 50.000 giovani ogni anno terminano il ciclo scolastico e non trovando lavoro diventano, talvolta, facile preda del network terroristico di Al Qaeda.
Le informazione provenienti dal "web site" ufficiale della nazione sono vecchie di almeno cinque anni, ma il debito pubblico che nel 1995 era di 22,4 miliardi di dollari, oggi è stimato in oltre 140 miliardi, con un tasso di inflazione valutato dalla World Bank intorno all'8,1%. Il Re Fahad ha 82 anni e non gode di buona salute. L'erede al trono Abdullah ne ha comunque 75, e chissà quali intrighi e quali faide di corte sta meditando per ottenere la successione. Terreno fertile e casalingo per bin Laden, famelico accaparratore del potere politico e dello sfruttamento del petrolio.


(*) Il presente lavoro è costituito da un insieme di riflessioni elaborate nell'arco temporale compreso tra febbraio e novembre 2001, consegnate dall'Autore per la pubblicazione sulla Rivista per gentile concessione della Ap.Biscom.

© AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA